Milano, 2015. Cm. 23x15, pp. 390, tavv. 24 a col. e in nero f. t., br.
Ristampa del volume di Angelo Paredi apparso in terza edizione ampliata e aggiornata nel 1994, dopo la prima del 1940. Testo di riferimento per ciò che concerne la ricostruzione biografica del vescovo Ambrogio, simbolo di Milano, del suo spirito, della sua storia e della sua cultura. A motivare la riedizione ha concorso indubbiamente il valore del testo di Paredi, del quale rappresenta il capolavoro e che è divenuto un classico nella bibliografia santambrosiana. La figura del santo è collocata dall'autore dentro un ampio e analitico contesto storico; tuttavia, assai più di quello che possa sembrare a una prima impressione, Ambrogio traspare anche irresistibilmente, da cenni sobri ma penetranti e compiacenti, nella sua interiorità, pur se non sono taciuti alcuni limiti. Non si leggono, per esempio, senza restare avvinti i capitoli su: Le vergini, La sua parola, La conquista più bella, Musica e poesia, e il capitolo finale, Il santo, che, riassumendo la figura di Ambrogio, la imprime indelebilmente nel lettore. In appendice: opere di sant'Ambrogio, cronologia dell'età ambrosiana, aggiornamenti bibliografici alla terza edizione, indice dei nomi.
Milano, 2014. Cm. 24x17, pp. xix-348, ill. in nero f. t., br.
Il tema di questo volume scaturisce dal gruppo di sei arazzi conservati nell'Accademia Belgica di Roma, parziale riedizione della serie di 22 pezzi, distrutta durante la Rivoluzione francese, raffiguranti le gesta e il trionfo di Publio Cornelio Scipione detto l'Africano, il vincitore di Annibale. I pezzi oggi a Roma, realizzati a Bruxelles verso la metà del XVI secolo, ne costituiscono una delle più antiche riedizioni, che appartenne a Ippolito d'Este.I saggi qui pubblicati indagano: la committenza, le fonti iconografiche, la destinazione del ciclo, nonché la straordinaria fortuna del mito del personaggio nell'arte, nella letteratura, nel teatro e nel cinema dal Rinascimento ai giorni nostri.
Milano, 2016. Cm. 30x25, pp. 238, tavv. e ill. a col. n. t., cart. e sovrac.
Quest'opera è un'introduzione al mondo dei simboli del Cristianesimo antico, fino al VII secolo. Il volume prende in considerazione ogni simbolo visivo e non puramente espresso in forma verbale o letteraria. Si tratta perciò di simboli dipinti, realizzati a mosaico, scolpiti o incisi su materiali diversi, ma anche simboli riconoscibili in forme architettoniche e nell' organizzazione dello spazio. Il volume, pur dedicando tre capitoli ai simboli cristologici, veterotestamentari e neotestamentari, ci dà una visione che non si limita agli aspetti della simbologia legata alle scritture, ma interviene su tutto ciò che concerne la vita quotidiana e sociale così come il rapporto con la natura e il cosmo. Le opere d'arte e i simboli riprodotti nel volume formano, stampati a colori, forse la più vasta sintesi iconografica per un lavoro sintetico e introduttivo.
Milano, 2015. Cm. 23x15, pp. 319, br.
Si direbbe - afferma Inos Biffi - che Tommaso d’Aquino sia come avvolto e nascosto dalle sue opere, che in certo modo ne celano i tratti della persona, le radici storiche dalle quali è sorta e gli eventi che l’hanno contrassegnata. In realtà, non sono mancati al Dottore Angelico biografi attenti e precise documentazioni sulla sua vita. Risalta tra queste la più antica Storia di san Tommaso d’Aquino (Ystoria sancti Thome de Aquino). Redatta tra il 1318 e il 1323 da Guglielmo da Tocco in vista della canonizzazione dell’Aquinate, essa rappresenta, con gli Atti dell’inchiesta di Napoli, la principale fonte sulla vita dell’Angelico. Più volte rimaneggiata, la Storia si costituisce di due parti: la Vita, composta da 70 capitoli, e la raccolta dei Miracoli, che si presenta come una sorta di diario del postulatore della causa, in cui alla narrazione di 145 miracoli si affianca un resoconto sullo sviluppo del processo di canonizzazione. Allo schema agiografico tradizionale, Tocco aggiunge una sezione ulteriore, mirata a rendere giustizia dell’attività filosofica e teologica del futuro santo.
Milano, 2006. Cm. 28x15, pp. xxxv-373, br.
Il volume accoglie un’ampia scelta di saggi dedicati da Cesare Brandi all’arte del Tre e Quattrocento, lungo il crinale di quel momento d’eccezione della cultura figurativa europea che annuncia e accompagna la soglia tra Medioevo e Rinascimento. Scritte tra il 1934 e il 1985, queste pagine intessono un dialogo appassionato con artisti sommi o semplicemente grandi, ma sempre di grande fascino, come Giotto e Jacopo della Quercia, i grandi riminesi e Pisanello; raccontano di opere epocali, come la Maestà di Duccio e l’affresco giottesco del primo Giubileo; svelano monumenti della complessità e novità del Duomo di Siena e di Orvieto; ci invitano a riflettere sulle differenze di struttura che possono segnare le diverse civiltà figurative, ed ecco ergersi la cerniera di Spazio italiano, ambiente fiammingo.
Al lettore di oggi, Cesare Brandi dona più che mai un’esperienza dei fatti dell’arte intensa e sui generis. In che modo? Certamente da acuto conoscitore, da insigne storico dell’arte, ferrato nella sapienza filologica, attento ad auscultare l’aspetto materiale e tecnico delle opere figurative, ma soprattutto perché capace di penetrare eccezionalmente oltre lo specchio della forma, dentro le dinamiche del processo artistico, seguendolo fin dove ha origine la sua genesi: dal pensiero costitutivo all’immagine che prende forma tramite la realtà sua propria, epifanica, pura. A guidarlo nella ricreazione di quel percorso è la luce di un pensiero critico docile nell’uso delle categorie interpretative in armonia con un denso apparato teorico, che si aggiorna nel corso dei decenni, rimanendo comunque fedele all’idea della splendente e irriducibile specificità dell’espressione artistica. A dargli la parola è la statura dello scrittore e talora, dove più incalzante è la metafora, bruciante l’aggettivo, felicemente abbreviata la frase, la sensibilità del poeta (Maria Andaloro).
Milano, 2007. Cm. , pp. x-191, ill. 20 a col. e in nero n. t., br.
I trattati di tecniche artistiche medievali, dal Teofilo a Cennini, si trovano spesso citati – nei cataloghi di mostre di opere d’arte restaurate e ora anche dai media – come guide insostituibili per le pratiche artistiche del passato, e quindi come normativi per il restauro.
In effetti, si tratta di un genere letterario capace di offrire risposte facendo luce sui procedimenti di produzione artistica nel medioevo. Pur nella necessità di un approccio criticamente avveduto, quindi non rigidamente letterale, l’autrice mette in luce la grande quantità di dati genuini che tali trattati offrono al lettore moderno. Il volume si apre con un saggio che introduce al genere letterario, per poi analizzare i sette principali trattati che hanno segnato la pratica artistica dall’epoca tardoantica fino al xv secolo.