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Cultura contro terrore. Una partita vinta. Il restauro dei Giocatori di carte di Bartolomeo Manfredi. A cura di Edoardo Lusena.

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COD: 9788874613922 Categorie: , , , ,
Peso1,50 kg
ISBN

Data di pubblicazione

Firenze, Mandragora, 2018. Cm. 23×20, pp. 60, figg. a col. e in nero n. t., br.

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Descrizione

La notte tra il 26 e il 27 maggio 1993 è rimasta nella memoria di Firenze per il terribile attentato mafioso di via dei Georgofili. Un’autobomba imbottita di esplosivo uccide 5 persone, tra cui due bambine, e ne ferisce una quarantina; escono danneggiati gravemente anche alcuni ambienti della Galleria degli Uffizi e del Corridoio Vasariano; alcune opere si salvano, alcune sono perse per sempre, altre si riesce in qualche modo a salvarle e recuperarle.
Il 27 maggio sarà la volta dei Giocatori di carte del pittore caravaggesco Bartolomeo Manfredi. I danni subiti dal quadro erano stati così gravi da escluderne, per anni, la possibilità di un recupero.
La tecnologia invece ha fatto un miracolo. E grazie alle immagini ad alta risoluzione si è reso possibile ricomporre almeno in parte il puzzle della miriade di frammenti dell’opera, che venticinque anni prima furono salvati e messi da parte. I fondi per il recupero sono statti raccolti grazie a un’iniziativa di crowdfunding lanciata dal Corriere fiorentino insieme alle Gallerie degli Uffizi e alla Banca Federico Del Vecchio, che nel frattempo è diventata UBI Banca.
Il volume ripercorre con ampio corredo iconografico l’operazione di recupero per mano della restauratrice Daniela Lippi e si giova di un saggio storico artistico di Maria Matilde Simari, come anche degli articoli pubblicati dal Corriere fiorentino sull’attività di crowdfunding. Finalmente il quadro torna dov’era. Ma non com’era. Le ferite, le mutilazioni ne hanno però reso più forte il significato: neppure la brutalità delle mafie può sopprimere la vocazione di una città che per la sua libertà ha sempre voluto e saputo combattere.
Daniela Lippi: «Non so se questo possa definirsi restauro. Forse è più un recupero archeologico. Non si restituisce un’opera nella sua interezza, la sua visione estetica e i valori artistici, ma ciò che resta di essa dopo il terribile trauma. Resta un documento, una testimonianza di quell’evento terribile, che intende serbarne memoria ed essere un monito».

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